Il restauro delle opere d’arte è un’attività che, come sostiene Cesare Brandi, primo direttore nel 1939 dell’attuale Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro, deve considerare due aspetti fondamentali delle stesse: l’istanza estetica e l’istanza storica.

Restaurare un’opera d’arte significa sì riportarla alla sua iniziale concezione artistica ma senza cancellarne le modifiche apportate dal tempo, senza dunque tralasciare la sua storia (fanno eccezione quelle aggiunte che possono pregiudicare la conservazione dell’opera originaria o quelle superfetazioni di nessun interesse storico o artistico).

Gli interventi di restauro devono essere affidati a restauratori professionisti, specializzati conoscitori della materia di cui sono fatte le opere, dal momento che l’intervento riguarda esclusivamente il ripristino della materia, atto a garantirne una maggiore durata nel tempo, poichè la finalità principe del restauro è la conservazione del bene.

In questa attività concorrono necessariamente figure dalle diverse formazioni: oltre ai resturatori  anche chimici, biologi, storici dell’arte, perchè alla base di  una corretta e precisa pratica del restauro vi è una fondamentale fase conoscitiva e d’indagine dell’opera, sia da un punto di vista storico-artistico che chimico-fisico.

Nel restauro ogni operazione eseguita deve risultare reversibile, ossia deve poter essere rimossa senza pregiudicare l’integrità della parte autentica dell’opera, e riconoscibile, ossia l’osservatore deve essere in grado di identificare la parte restaurata pur avendo una percezione visiva armoniosa dell’opera.

Qualsiasi opera e lavoro su beni culturali, così come identificati dall’art. 10 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004), è subordinato ad autorizzazione del Ministero, rilasciata dagli organi territoriali competenti, ovvero dalle Soprintendenze, secondo quanto previsto dall’art. 21 del medesimo Codice.

L’autorizzazione è resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell’intervento, presentati dalla proprietà, e può contenere prescrizioni.

Tutti i proprietari, possessori o detentori di beni culturali, pubblici (Stato, regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico) e privati sono tenuti a garantirne la conservazione attraverso interventi che possono essere volontari (art. 31 del Codice) o imposti (art. 32 del Codice), in quest’ultimo caso, il Ministero può imporre determinarti interventi per assicurarne la conservazione, o può provvedervi direttamente.

Secondo quanto disposto dall’art. 29 del Codice, gli interventi di manutenzione e restauro sui beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici sono eseguiti esclusivamente da restauratori professionisti di beni culturali ai sensi della normativa in materia.

I profili di competenza dei restauratori e degli altri operatori che svolgono attività complementari al restauro o altre attività di conservazione dei beni culturali mobili e delle superfici decorate di beni architettonici sono definiti con decreto del Ministro adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni.

Con il suddetto decreto del Ministro, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca, sono definiti i criteri ed i livelli di qualità cui si adegua l’insegnamento del restauro.

L’insegnamento del restauro è impartito dalle scuole di alta formazione e di studio istituite ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, nonché dai centri di cui al comma 11 e dagli altri soggetti pubblici e privati accreditati presso lo Stato.

La formazione delle figure professionali che svolgono attività complementari al restauro o altre attività di conservazione è assicurata da soggetti pubblici e privati ai sensi della normativa regionale. I relativi corsi si adeguano a criteri e livelli di qualità definiti con accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.