Sul crinale del monte Nerone si trova il maestoso Castello Brancaleoni, simbolo del legame tra l’antico Borgo di Piobbico, collocato lungo le pendici, e la famiglia feudataria Brancaleoni, la quale, fin dal XII secolo rivestì il titolo di conti di Piobbico.

Castello Brancaleoni, Piobbico (PU)

Orari di apertura del Castello
Domenica e festivi
mattino dalle 10.30 alle 13
pomeriggio dalle 15.30 alle 18.30
Dal lunedì al sabato
mattino dalle 9.00 alle 12.00
pomeriggio dalle 15.30 alle 18.30

L’ingresso alla parte interna del castello è consentito solo con accompagnamento di una guida.

Aperture straordinarie
“IL CASTELLO DI SERA”
Tutti i mercoledì sera dal 18 Luglio al 29 Agosto 2018

Per info/prenotazioni
e-mail info@castellobrancaleoni.it oppure info@guideturisticheurbino.it
sito web www.castellobrancaleoni.it

Notizie storiche
Dalla primitiva casa-fortilizio, situata su un contrafforte del monte Nerone (Mons-casa, e successivamente Mondelacasa), i Brancaleoni scesero nella sottostante vallata, fabbricando il castello intorno al XIII secolo, probabilmente su resti di preesistenti costruzioni. Circa le origini non sono state trovate notizie precise sulla data di fondazione del primo insediamento; dalla lettura delle preesistenze architettoniche e dagli scavi effettuati nella “Sala del tesoro”, è stato possibile individuare qui il nucleo dell’antico fortilizio.
È all’inizio del XIV secolo che si avvia il processo di trasformazione da antico fortilizio in castello con borgo fortificato, il quale assume l’impianto urbano che ancora oggi è possibile leggere. Nonostante i successivi rimaneggiamenti, è possibile osservare le due schiere di case attestate su una via interna congiungente la zona corrispondente al primo insediamento fortificato con la porta di accesso.
Siamo ancora di fronte al tipico borgo fortificato nel quale si arroccano per motivi difensivi le residenze dei sudditi accanto a quella del signore feudatario. Esso tuttavia rimase un antico borgo fortificato, fino a quando nel 1500 Roberto Brancaleoni pose mano ad un radicale riassetto del Castello, contemporaneamente al consolidamento del potere della famiglia.
L’influenza della vicina Urbino si fece sentire e guidò i successivi rimaneggiamenti, trasformando il borgo in residenza rinascimentale sul modello urbinate.
A Roberto, Antonio e Giordano Brancaleoni si devono le fasi più significative della costituzione del nuovo palazzo, testimoniate dalle diverse iscrizioni lasciate.
Con Roberto Brancaleoni l’edificio preesistente, pur conservando le sue linee essenziali, subì radicali cambiamenti di carattere funzionale ed architettonico, secondo i concetti informatori della nuova architettura dei trattatisti del Quattrocento e Cinquecento, da L.B. Alberti al Filarete, riproponendo i classici dettami vitruviani mediati dalla cultura umanistica.
Le casupole abbarbicate all’interno e all’esterno della cinta muraria vengono demolite per essere ricostruite più in basso a completamento dell’insediamento del Borghetto e del Mercatale. La cinta muraria originale viene recuperata e inglobata nei nuovi corpi di fabbrica che su essa si attestano. Viene parimenti conservata la strada interna che assume il nuovo ruolo. Quasi sicuramente in questo periodo venne istituita una ricchissima biblioteca.
L’opera di Antonio nel palazzo fu rivolta essenzialmente alla definizione degli apparati decorativi. Assumono la definitiva configurazione molteplici ambienti del palazzo come la sala detta del “Leon d’oro”, la “sala greca” e la “sala romana”.
I numerosi artisti operanti nel palazzo, dal Brandani al Lattanzio Ventura, provengono per la massima parte dall’ambiente artistico urbinate, a testimonianza degli stretti legami con i signori di Urbino.
Con Giordano, figlio di Antonio, si conclude il periodo di ammodernamento del palazzo, a lui si deve l’assetto finale del corpo della galleria, nonché la sistemazione di alcuni ambienti della zona centrale.

Visita al Castello
Venendo dal borgo medievale si arriva alla piazza dove sorge la torre dell’orologio posta al centro del prospetto e al di sopra di un voltone ad arco gotico acuto risalente al 1200. Sulla facciata d’ingresso, accanto alla torre si ammira una elegante loggetta che, assieme alla balaustra, rendono la facciata meno massiccia, conferendo a tutto il complesso una raffinatezza che si addice più ad un Palazzo che ad un Castello.
Al di là del voltone si mostra il cortile antistante all’entrata del Castello, a forma di ferro di cavallo, denominato “piazza pubblica”, in cui spiccano i due portali bugnati. Il portale più a sinistra, l’ingresso per il tempietto di S.Carlo, è rialzato rispetto al livello del suolo da alcuni scalini, e nella sommità porta l’effige del Conte Antonio. Il secondo, collocato più a destra, e predominante rispetto al primo, è l’entrata al palazzo vero e proprio. Esso è un arco a tutto sesto dove in chiave viene collocatolo stemma della famiglia, il Leone d’oro con croce seduta, e il motto scritto in greco della famiglia “Mito e fiero”.
Attraversando il portale bugnato d’ingresso, si apre un lungo corridoio a cielo aperto, pavimentato a lastroni con guide laterali in travertino locale. Il corridoio termina con un ampio voltone sotto il quale si intravedono in penombra i sedili laterali delle sentinelle e la porta decentrata, e sovrastato dalla triplice loggia balaustrata. Le loggette sulla facciata principale, il portale d’ingresso e la loggia sul voltone si possono attribuire all’architetto Bartolomeo Genga, che lavorò anche al palazzo ducale di Urbino.
Attraversato il voltone loggiato, si accede al Cortile d’Onore a pianta quadrata contornato su tre lati da un portico con archi a tutto sesto poggianti su colonne doriche. Sotto i porticati si susseguono simmetrici i portali delle varie stanze che vi si affacciano e nel porticato a sinistra si apre lo scalone d’onore, con arco a crociera su peducci, per salire al piano nobile. Con i suoi scalini di marmo levigati, esso richiama lo scalone del palazzo dei duchi della Rovere, nonostante la sua ridotta dimensione.

Una delle sale di maggior pregio del Palazzo è la “sala del Leon d’Oro”, un ampio salone riccamente decorato sulla cui volta campeggia lo stemma dei Brancaleoni in stucco dorato, rappresentante i simboli della casata. La porta d’ingresso è abbellita da un cartiglio in cui il Brandani ha raffigurato il Conte Antonio II a cavallo sormontato da una testa con turbante, facendo riferimento alla partecipazione del conte alla Battaglia di Lepanto del 1571. Sulle porte laterali della sala, sopra l’architrave, sono raffigurate la “Felicità Pubblica” e la “Concordia”, sul camino, il “Sacrificio di Porzia”.
A sinistra della Sala del Leon d’Oro è la cosiddetta “Camera Romana”, per le scene di vita romana in stucco e dipinte nella volta (Muzio Scevola, il Ratto delle Sabine, le Sabine Paciere). Qui si trovano gli affreschi del 1574 rappresentanti uno il ritratto della famiglia del Conte Antonio II, e l’altro una scena di caccia del Conte Antonio con sullo sfondo l’abitato di Piobbico con il palazzo e il borgo. Nel camerino attiguo, che era la stanza di preghiera, si ammira la Deposizione di Cristo in stucco di F. Brandani e, sulla volta, affreschi rappresentanti episodi del Vecchio Testamento. A destra della Sala del Leon d’Oro è la cosiddetta “Camera Greca”, del conte Antonio II, affrescata con episodi tratti dalla mitologia greca (1585). Nel cartiglio al centro del soffitto è raffigurato il Giudizio di Paride, nel riquadro sopra il camino si trova “Ulisse ed Aiace che si contendono le armi di Achille”, “La gara tra Nettuno e Minerva”, “Bacco ed Arianna”, “Teti che immerge Achille nelle acque dello Stige”, ecc. Da questo ambiente si accede al camerino di preghiera del Conte con il Presepe in stucco di F. Brandani (1575). Sulla volta sono affrescati episodi della vita della Madonna.  I pavimenti di queste sale sono originali e i disegni che appaiono nei mattoni e le composizioni si ritrovano anche nei pavimenti del Palazzo Ducale di Urbino (prodotti nella stessa fornace, ritrovata a Piobbico).