L’attività di assistenza archeologica prestata durante le operazioni di realizzazione del metanodotto S.G.I., denominato Cellino-Teramo-S. Marco, ha permesso di evidenziare la presenza dei resti di una villa rustica di età romana tardo-repubblicana, su una superficie di circa 200 mq nel comune di Montefiore dell’Aso.
Le indagini, che hanno portato alla completa messa in luce dei resti della villa, sono state svolte nell’ambito delle attività di tutela di competenza della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche e seguite dalle dott.sse Manuela Cerqua, Isabella Piermarini e Alessandra Marchello per Società Cooperativa Archeologia di Firenze.

Completate tutte le attività di scavo e di documentazione, si è proceduto all’intervento conservativo e di messa in sicurezza del sito, in vista del quale, venerdì 3 agosto, si è tenuta una visita presso la villa rustica. Tale evento, organizzato grazie all’attenzione e alla sensibilità rivolta dalla Committente S.G.I. verso le tematiche archeologiche, di tutela e di conservazione del patrimonio culturale e paesaggistico, è stato fortemente voluto dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche e dal Sindaco del Comune di Montefiore dell’Aso, nel cui territorio ricade il sito archeologico, al fine di promuovere la divulgazione, la valorizzazione e la condivisione del Bene Culturale pubblico.

La villa rustica

La villa è ubicata nel territorio comunale di Montefiore dell’Aso, in località Forno De Vecchis, ed è posta lungo il versante orientale di un rilievo prospiciente il fiume Aso, alla quota di 214 m s.l.m.
Lo stato di conservazione dei resti delle strutture murarie, come anche dei livelli di vita e di abbandono della villa, risulta fortemente compromesso dalle lavorazioni agricole e soprattutto da eventi naturali di smottamento e frana dei suoli geologici sui quali la struttura risulta impostata. Si evidenzia che il tratto di pendio sul quale è impiantata la struttura presenta, attualmente, un dislivello di circa 2,00 m tra la cresta del muro perimetrale del fronte ovest e quella dei muri conservati lungo il fronte est.

I tracciati murari, conservati ovunque in fondazione fino alla quota di spiccato, e, negli ambienti posti lungo il fronte ovest, anche per brevi tratti degli alzati, hanno restituito la planimetria pressoché completa di un edificio diviso internamente in almeno sei ambienti, con la facciata principale rivolta a est, secondo un’esposizione ottimale, nel quale sono riconoscibili almeno tre fasi edilizie.
Nonostante le alterazioni causate dai cedimenti strutturali e dagli eventi franosi, le murature portate in luce rivelano la costante adozione di modalità costruttive puramente utilitaristiche, con ampio uso di ciottoli fluviali e, soprattutto, di frammenti di laterizio di riutilizzo, tegole fratte o intere con alette in paramento, legati da semplice argilla.
Al di sopra di queste zoccolature dovevano impostarsi alzati lignei e pareti a tamponamento in argilla cruda, ovvero, più probabilmente, muri in pisé, come prova anche l’assenza di materiali durevoli negli strati di crollo, caratterizzati solo dalla presenza di tegole, verosimilmente pertinenti al rivestimento dei tetti.

Di argilla battuta risulta composta anche la maggior parte dei piani pavimentali riportati in luce, con la sola eccezione di un vano, pavimentato con lastre di calcale irregolari e tegole giustapposte.
I vari ambienti sembrano avere una destinazione specifica nell’ambito dell’economia della fattoria, con attività di tipo domestico, cui potrebbe peraltro collegarsi anche qualche procedimento produttivo con valenza esterna. L’impianto, infatti, sembrerebbe correlato a un’economia di tipo agricolo e caratterizzato da una funzionalità assai limitata nel tempo.
La presenza di 38 pesi all’interno di uno degli ambienti della villa documentano la presenza di un telaio verticale lasciato in situ al momento dell’abbandono, verosimilmente repentino, della villa e mai recuperato.

Un dolio rinvenuto schiacciato, ancora addossato a un muro divisorio, potrebbe riferirsi ad attività domestiche di stoccaggio e immagazzinamento di prodotti alimentari, mentre la presenta di tre coltelli in ferro e di una macina in pietra lavica integra potrebbero essere in connessione con attività di trasformazione e lavorazione dei prodotti agricoli.
Tra le indicazioni fornite dallo scavo, si segnala, infine, il dato cronologico offerto dall’analisi delle tecniche costruttive e dai materiali rinvenuti nei livelli di vita e di abbandono della villa, assegnabili nell’ambito del pieno I sec. a.C., nell’ambito del quale si colloca l’impianto e le fasi di vita dell’impianto.

Pubblicato il 11/08/2018