LA QUADRERIA PERDUTA
La quadreria di Giovanni Sforza Signore di Pesaro e l’arte a Pesaro all’epoca degli Sforza

di Luciano Baffioni Venturi
Pesaro, Metauro 2015

Il volume esamina le vicende che hanno interessato la quadreria privata della casata Sforza di Pesaro, oggi in massima parte dispersa, partendo dall’inventario compilato il 20 ottobre del 1500, al momento dell’arrivo a Pesaro delle truppe di Cesare Borgia, il “Valentino”, quando Giovanni Sforza decise di nascondere le opere d’arte conservate presso il Palazzo Ducale.
Pur antecedendo di 12 anni la fine della dominazione degli Sforza a Pesaro, il breve manoscritto oggi conservato presso la Biblioteca Oliveriana rappresenta un documento fondamentale per l’indagine sulla sorte delle “picture e retracti” sforzeschi; una collezione che nel suo complesso doveva comporsi di almeno 24 opere raccolte dagli Sforza tra il 1445 e il 1512.
Si tratta di un “galleria degli antenati illustri” che racconta committenze e gusti artistici di Alessandro Sforza e dei suoi discendenti, composta al fine di esaltare le virtù del casato e per sottolinearne il mecenatismo, rivolto a prestigiosi autori tra i quali il fiammingo Rogier van der Weyden, Pietro Perugino, Andrea Mantegna, Boccaccio Boccaccino, Amico Aspertini, Francesco Zaganelli da Cotignola, il bolognese Jacopo Forti.
Oltre a fornire schede biografiche sui singoli pittori, il volume ricostruisce le vicende occorse alle singole opere della collezione, dimostrando come non tutte andarono distrutte nell’ incendio del 1514 descritto dal Vernarecci, ma come alcuni quadri furono venduti dagli ultimi Sforza, in particolare da Galeazzo, fratello di Giovanni Sforza e da Isabella, ultima erede della dinastia sforzesca pesarese.
Solo due opere della quadreria appaiono ad oggi rintracciate con sicurezza: il Trittico della Crocifissione di Rogier van der Weyden e il San Sebastiano di Amico Aspertini, rispettivamente al Museo Nazionale di Bruxelles e alla National Gallery of Art di Washington, mentre per le restanti opere il percorso di diaspora e le possibili sorti subite nel tempo sono solo ipotizzabili.
Dopo la dissertazione sulla “libreria” sforzesca, affrontata nel numero 9 de “Archivio di Stato di Pesaro”, l’Autore torna in questo nuovo numero della collana editoriale sul tema delle collezioni d’arte sforzesche, cogliendo nella quadreria l’occasione per una più ampia narrazione incentrata sulla cultura e sulle arti pesaresi in una delle sue stagioni più floride: quella umanistico rinascimentale.

Pubblicato il 23/08/2018