Proprietà

Demanio pubblico storico, artistico e archeologico, in consegna alla SABAP per le province di Ancona e Pesaro e Urbino.
Immobile dichiarato “Monumento Nazionale” nel 1869 e di particolare interesse ai sensi della L. 1°giugno 1939 n. 1089 con Declaratoria emessa dal Ministro per i Beni Culturali e Ambientali in data 14 aprile 1989.

Per informazioni:
FAI – FAI Marche e Delegazione FAI di Ancona
E-mail: ancona@delegazionefai.fondoambiente.it

MODALITA’ DI VISITA: ORARI, EVENTI E INFORMAZIONI

CHIESA TEMPORANEAMENTE CHIUSA

Per visite straordinarie (gruppi min 10 persone e orari extra ingresso) contattare almeno 24 h prima il referente FAI al  331 3645734dal lunedì al venerdì dalle 11 alle 13 e dalle 15 alle 18).

La visita sarà curata dai volontari della Delegazione FAI di Ancona.

Note storiche

La chiesa di Santa Maria di Portonovo è l’unica struttura superstite di un complesso monastico benedettino, fra i più originali dell’arte romanica marchigiana, edificato intorno alla metà del XI secolo. Della piccola chiesa abbaziale non esistono documenti che consentano di datare con precisione il suo primitivo impianto che una fonte documentaria – una pergamena, ora dispersa, un tempo presso l’Archivio del capitolo della cattedrale di Ancona – ascriveva tra il 1034 e il 1050.

Con certezza i monaci benedettini vissero nell’abbazia fino al 1320 quando, a causa di frane e terremoti e per le aggressioni di pirati e malfattori, ottennero l’autorizzazione a trasferirsi ad Ancona con tutti i privilegi, diritti e immunità, libri, campane… (Bolla del 17 gennaio1320). Una frana in particolare, precipitata dal Monte Conero, rese inagibile il monastero risparmiando però la chiesa; l’abbandono del cenobio portò alla sua completa perdita, mentre la chiesa conservò sostanzialmente le sue caratteristiche architettoniche originali.

Note descrittive

Sorta sul deposito franoso del soprastante Monte Conero, la chiesa è stata costruita direttamente sulla roccia, utilizzando materiali locali: arenaria e pietra calcarea del Conero per gli alzati, ancora calcare arenaria e cotto per la pavimentazione e gli interni.

Dal punto di vista iconografico, S. Maria di Portonovo è una chiesa basilicale che, per la presenza di due strutture con andamento parallelo al resto dell’edificio, assume la forma di una chiesa a croce greca: la pianta è quindi composta da un corpo di tre navate a sette campate, al quale si affiancano due navatelle laterali di tre campate, in corrispondenza del quadrato centrale, concluse da absidi semicircolari. Si tratta, probabilmente, di due  oratori laterali, collegati mediante una triplice arcata interna al resto della fabbrica, che erano propri dei contesti monastici, finalizzati alla liturgia funeraria o come secondi cori dei monaci.

Il modello di pianta a croce greca – applicato anche nel vicino Duomo di Ancona – è di derivazione bizantina, come pure orientale è la concezione della luce diffusa, proveniente dalla cupola sostenuta da quattro pilastri cruciformi. La presenza di una corrente bizantina nelle Marche è, del resto, attestata da alcuni altri significativi edifici come S.Maria alle Moje, S.Vittore alle Chiuse, S. Claudio al Chienti e S.Croce a Sassoferrato, nella interpretazione planimetrica a croce greca inscritta in un quadrato.

A Portonovo sembrano però agire soprattutto influssi nordici, provenienti dall’area padana (lesene ed archetti pensili all’esterno, soluzione del tiburio, loggia cieca lungo l’abside), dalla Borgogna (semicolonne pensili all’interno) e dalla Normandia, che trasmette il tipo di pianta riformata cluniacense detta “a gradoni”. La copertura a botte della navata centrale e a volte a crociera sulle navate laterali, è inoltre ricorrente in Francia, nelle chiese sulle vie dei pellegrini.

Un elemento di differenziazione dal modello cluniacense è rappresentato a Portonovo dall’orientamento dei tetti sulle due navatelle più esterne, con le falde parallele alla navata principale;  una soluzione del tutto singolare rispetto ai prototipi francesi, in cui le ali sono concepite come parti di un unico transetto con tetto ortogonale rispetto al corpo centrale.

L’esterno della chiesa rivela l’articolazione interna dello spazio, con una sovrapposizione di volumi di diverse dimensioni in cui il campanile a vela e l’avancorpo che si addossa alla facciata a salienti vanno considerati elementi più tardi. I muri esterni sono sottolineati da lesene e archetti pensili, sostituiti da un loggiato cieco che corona l’abside maggiore e il tiburio.

All’interno dell’edificio notevolissima è la qualità delle soluzioni spaziali ottenuta con la semplice eleganza delle linee architettoniche, con la misura delle superfici lasciate in pietra a vista, con gli effetti della luce che, dalle monofore a doppio strombo (piccole e sapientemente disposte), penetra con taglio radente e, dalla cupola, attraverso le quattro bifore del tamburo, scende a rischiarare diffusamente l’ambiente.

I sostegni – dodici colonne e quattro pilastri centrali – si pongono in uniforme continuità con il paramento interno grazie all’uso degli stessi piccoli conci di pietra; essi sono decorati con semplici basi e capitelli a foglia d’acqua” (quattro smussi angolari appena accennati simili a foglie appuntite solcate da striature).

Grazie alla mancanza di cornici trasversali l’alzato della volta a botte risulta continuo rispetto alla muratura, ritmata da costoloni che proseguono in lesene lungo i pilastri e divengono semicolonnine pensili in corrispondenza delle colonne. La cupola ellittica – ottagonale all’esterno – è raccordata al rettangolo di base mediante quattro pennacchi con piccole nicchie, probabilmente concepite per accoglier delle statue (di oranti?).

Tutta la costruzione denota una particolare ricercatezza nei dettagli, come nella triplice risega che incornicia l’abside maggiore, ripresa dalle profilature ai lati delle lesene sui muri delle navate laterali; nelle sobrie e varie decorazioni dei piccoli capitelli sulle semi colonnine pensili, sempre in armonia con quelli delle colonne di sostegno; o ancora nella cornice su mensole, trasformata in un’ornamentale dentellatura all’imposta della cupola e all’interno della facciata.

L’edificio ha infine il pregio di aver conservato quasi integro il pavimento originale, seppur restaurato, con la varietà dei suoi disegni in pietra e cotto che sottolineano in pianta la struttura dell’alzato.

I Restauri

A partire dalla fine degli anni ’80 del secolo scorso la Soprintendenza ha condotto vari interventi di restauro, alcuni dei quali sono tutt’ora in corso.
La chiesa presentava un diffuso degrado dovuto all’aggressione chimico fisica degli agenti atmosferici sui materiali lapidei e agli attacchi biologici, nonché a dissesti statici. Gli interventi, supportati da indagini preliminari di natura statica, geognostica e petrografica, sono consistiti nella verifica delle fondazioni, nella ricostituzione delle coperture, previo inserimento di manto impermeabilizzante, nella legatura del tiburio mediante tiranti in acciaio, nel consolidamento pulitura e restauro dei paramenti lapidei interni ed esterni, nel restauro dei portoni in legno, delle vetrate e degli infissi. Un ulteriore intervento ha riportato in luce la pregevole pavimentazione costituita da elementi di mattone rosso e pietra gialla, posizionati in armonico contrasto cromatico che sarà oggetto di un nuovo restauro; seguirà quindi il recupero dell’area archeologica esterna pertinente all’antico convento e al campanile.

Bibliografia

F. BRUGIAMOLINI, Arte e Archeologia al Conero, pp. 23 – 27, Ancona, 1987; C. CENTANNI, “Itinerario storico – culturale”, Dalla banderuola a S. Maria di Loreto, Ancona, 1998, pp. 53 – 54; G. M. CLAUDI, Santa Maria di Portonovo, Sassoferrato, 1979; P. FAVOLE, Italia romanica. Le Marche, Milano, 1993, pp. 150 – 188; L. FERRETTI, Istoria di Ancona,ms. Bibl. Com. Ancona,p. 61; V. PIRANI, Le chiese di Ancona, Osimo, 1998, p. 143; pp. 169 – 170; p. 202; P. PIVA, Marche romaniche, Milano, 2003, pp. 85 – 93; G. SARACINI, Notitie historiche della città di Ancona, Roma, 1675, p. 162;  S. SEBASTIANI, Itinerari nel parco del Conero, 2011; S. SEBASTIANI, La chiesetta di Santa Maria di Portonovo, Ancona 2018.