Tra i maggiori fotografi italiani e tra i più noti a livello internazionale, OLIVO BARBIERI (Carpi, 1954) è
attratto dalla forma delle cose – città, architetture, paesaggi estremi – e dalla capacità dell’oggetto
di diventare immagine e alterare la struttura stessa della visione.
Partecipe del rinnovamento della fotografia italiana di paesaggio (prese parte all’importante
progetto Viaggio in Italia curato da Luigi Ghirri nel 1984), dall’inizio degli anni ’80, si interessa
all’illuminazione artificiale nella città contemporanea, prima in Europa e poi in Cina e Giappone. A partire
dalla metà degli anni ’90 Barbieri arriva alla piena definizione del proprio linguaggio e presenta la sua
ricerca in una retrospettiva al Folkwang Museum di Essen.
Dopo una serie di viaggi in oriente, nel 2003 inizia la serie site specific_: uno studio sulla forma della città
contemporanea in cui i rapporti gerarchici di grandezza tra oggetti luoghi e persone sono presentati in
modo inedito.
Nel 2013 la Aperture Foundation di New York – tra le realtà più interessanti per la fotografia negli Stati Uniti – ha pubblicato un volume monografico dedicato al decennale progetto: “Olivo Barbieri Site Specific 2003-2013”.
II suo lavoro è stato esposto in numerose mostre personali e collettive, in Italia e all’estero ed è presente
nelle collezioni di diversi musei internazionali.
La sua collaborazione con il MAXXI risale al 2003, con il progetto di committenza Atlante italiano, dedicato
all’indagine delle trasformazioni del territorio italiano ed è poi proseguita con diversi progetti nel corso degli
anni.
Ultimo capitolo di questa collaborazione è La città perfetta, committenza realizzata nel 2015 in occasione
della mostra personale Olivo Barbieri. Immagini 1978-2014, che ritrae una sezione molto particolare del
territorio nazionale: la conurbazione che si stende senza soluzione di continuità lungo la costa adriatica,
dalla Romagna fino al sud dell’Abruzzo.
Questo progetto, che testimonia già un’attenzione rivolta al paesaggio marchigiano, ha preso forma
attraverso un video composto da quasi 8.000 immagini, ha mostrato le complessità e contraddizioni
dell’urbanesimo contemporaneo, dove le distanze fisiche non sono importanti, dominano le strade e le
ferrovie e l’economia configge col paesaggio.
Nell’ambito della sua ricerca una particolare attenzione è rivolta al territorio colpito da catastrofi naturali
come i terremoti, temi che ha trattato con la consueta sensibilità nei confronti del paesaggio come
spazialità concreta animata da forze contraddittorie e imprevedibili, a cui ha dedicato progetti fotografici e
pubblicazioni.
PETRA NOORDKAMP (Losser, Paesi Bassi, 1967) è una fotografa e video-maker olandese. II suo lavoro
si concentra soprattutto sull’intreccio tra la memoria dei luoghi e quella delle persone, sull’architettura e il paesaggio, sulla visione “cinematografica”, sull’ltalia.
Nel 2016, in occasione della mostra Extraordinary Visions. L’talia ci guarda il MAXXI ha presentato tre
film dell’artista che sono in via di acquisizione per le Collezioni di fotografia del MAXXI. I tre lavori hanno
per soggetto Gibellina Nuova, alter ego urbanistico della cittadina siciliana distrutta dal terremoto del 1968
e ricostruita a venti chilometri di distanza con un progetto che ha coinvolto alcune grandi figure dell’arte e dell’architettura italiana. Nel video La madre, il figlio e l’architetto, dedicato alla chiesa realizzata da
Ludovico Quaroni, si intrecciano la biografia dell’artista, quella del figlio dell’architetto e quella della madre,
uccisa proprio per mano del figlio, trent’anni dopo che la chiesa era stata progettata e dieci anni prima che
fosse inaugurata. II video Arcadia indaga lo spazio sospeso che separa la vita degli abitanti della vecchia
Gibellina dalla nuova citta e mette a nudo il carattere astratto e metafisico di alcuni dei nuovi spazi progetti
dagli artisti e architetti famosi che hanno lavorato alla ricostruzione dopo il terremoto del 1970. Il Grande
Cretto di Gibellina, opera conclusiva della trilogia, è un lavoro di grande impatto e un omaggio alla
straordinaria opera di land art realizzata da Alberto Burri tra il 1984 e il 1989 sul sito delle rovine della
vecchia Gibellina. Col suo video, commissionato in occasione della personale dell’artista italiano al
Guggenheim di New York ( Alberto Burri, The Trauma of Painting, 2015), Noordkamp replica con un
capolavoro al capolavoro del maestro, mettendo in campo la natura magnetica e di lettura profonda dello
spazio e della vita che lo occupa che caratterizza i suoi video. I sui lavori fotografici e video sono stati
esposti in mostre personali e collettive in Olanda, Italia, Portogallo e in altri paesi europei. Il Grande Cretto
di Gibellina è stato premiato al Festival del film di Architettura di Lisbona con il premio per il miglio film
sperimentale. Lo stesso lavoro su Burri e altri suoi progetti fotografici e video hanno ricevuto premi e
grants dalle migliori istituzioni artistiche europee.
Nel lavoro di Petra Noordkamp tornano insistentemente alcuni temi particolarmente vicini alle recenti
vicende marchigiane. Prima di tutto il terremoto, la difficolta della ricostruzione materiale e soprattutto di
quella immateriale, fatta del tessuto di persone che rende luoghi gli spazi generici. Poi la potenza del
paesaggio e la forza che ha l’architettura nel creare o distruggere relazioni tra le persone. Infine una
delicata attenzione a luoghi “non-centrali”, non troppo urbani, scelti forse proprio per la loro fragilita e per la
capacità di rappresentare la fragilità di chi li abita.
PAOLA DE PIETRI nasce nel 1960 a Reggio Emilia, dove vive e lavora. Laureata presso il DAMS
all’Universita di Bologna, si dedica alla fotografia a partire dagli anni novanta. Nota a livello
internazionale, le sue opere sono state presentate in occasione di importanti esposizioni in Italia e
in Europa, tra cui al Fotomusem a Winterthur, Museum of Contemporary Art a Shanghai, Galleria d’Arte
Moderna a Bologna, Nederlandsfotomuseum a Rotterdam, il MAXXI a Roma, il Bozar di Bruxelles, il
Nederlandsfotomuseum d Rotterdam, il Museion di Bolzano, il Die Photographische Sammlung di Colonia.
Le sue immagini nascono da un’attenta osservazione del paesaggio, quello urbano, quello organico e
vegetale della natura. Ha lavorato fin dalle prime serie di fotografie sul rapporto dell’uomo con lo spazio
nelle sue dinamiche temporali e in un continuo approfondimento dell’idea di transitorietà.
Numerosi sono i progetti di committenza pubblica – di osservazione del territorio così come di riflessione
su dinamiche sociali – in cui l’artista è coinvolta, promossi tra gli altri dal Museo di Fotografia
Contemporanea di Cinisello Balsamo, da Linea di Confine di Rubiera e dal MAXXI. Per il progetto Sguardi
Contemporanei, lanciato dal MAXXI nel 2004, ha fotografato i Collegi Universitari di Giancarlo De Carlo
a Urbino, incastonati nelle pendici antropizzate del Colle dei Cappuccini.
Tra i libri di recente pubblicazione: To Face, testo di Roberta Valtorta e un racconto di Mario Rigoni Stern,
Steidl, 2012; Seccoumidofuoco, testo di Francesco Zanot, Linea di Confine, 2016; Istanbul New Stories,
testo di Necmi Somnez e un brano di Pier Paolo Pasolini, Steidl, 2017.
Nel 2009 ha vinto il premio triennale Albert Ranger-Patzsch.
I CATALOGHI DELLA MOSTRA
Scheda introduttiva, a cura di Carlo Birrozzi
Pubblicato il 07/12/2018